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Memoria sul demanio marino di Castellammare
Di Admin (del 16/06/2011 @ 10:30:14, in articoli, linkato 622 volte)
I suoli che corrono lungo la spiaggia di Castellammare, dal largo Quartuccio fino al fiume Sarno, fanno parte da sempre del demanio pubblico e, in virtù di tale natura, sono stati censiti a diversi cittadini dietro il versamento di un canone. Il 12 marzo 1793, su disposizione reale, due ingegneri, il napoletano Ignazio de Nardo e lo stabiese Catello Trojano, ne elaborano la relativa pianta, finalizzata ad una censuazione più consona alle nuove esigenze, susseguente alla loro divisione in varie sezioni. Proprio all’inizio del largo Quartuccio il Comune fa costruire due fabbricati, uno per la casa comunale, l’altro per i magazzini del grano che, negli anni 1829 e 1831, sono venduti a Giovanni Rispoli e Antonino Spagnuolo. Le altre porzioni terriere vedono come censuari, nell’ultimo decennio del Settecento, Vincenzo Cosenza, Michele Stanzione, Vincenzo Gonziano, Nicola Amato e Vincenzo Scelzo, surrogati, rispettivamente, nell’arco del primo trentennio dell’Ottocento, da Fortunato e Michele Palumbo, Antonio Mereghini, marchese de Turris, Catello Spagnuolo ed altri i quali, secondo le proprie necessità e possibilità, vi edificano varie costruzioni senza alcuna licenza. A fronte di tali modifiche d’uso viene intimato ai responsabili la restituzione del suolo che dà adito ad un aspro contenzioso, conclusosi, l’11 marzo 1842, con la sentenza della terza camera del tribunale civile di Napoli, secondo cui l’azione intrapresa è ormai estinta per perenzione. Nel frattempo l’intera area è stata dotata delle debite infrastrutture viarie. Infatti, risale al 1834 la costruzione della strada pubblica lungo le suddette costruzioni dal largo Quartuccio alla fabbrica dei cuoi, nelle cui prossimità si eleva il cantiere mercantile. Un’altra strada, costruita l’anno precedente “con basolata” e, successivamente, ricoperta di brecciame, giunge fino al torrente San Marco, arginato con forti mura e ornato di un ponte, che favorisce la comunicazione tra le sponde opposte. La distesa arenosa di questa zona fino alla foce del fiume Sarno cade sotto il rescritto reale di agosto 1844 che ne ordina la censuazione al fine di favorirne la coltura. Una parte del suolo dal fiume Sarno fino al Camposanto viene occupata dalla strada ferrata, un’altra parte è assegnata ai fratelli Spagnuolo e agli eredi di Taddeo Vernacore per la ricostruzione delle “caldaie” in compenso dei quelle demolite nel cantiere reale. Vi è sottesa l’intenzione di collegare anche queste parti dell’opportuna rete viaria come ramificazione ulteriore di quanto realizzato prima. Anzi nello specifico vige il rispetto assoluto di alcune regole basilari, facenti parte di un piano di costruzione di massima e rientranti nell’utilità della collettiva stabiese, soprattutto, per quanto concerne la riserva di determinati spazi: così quelli nei pressi del surriferito torrente hanno la funzione di permettere l’accesso dalle paludi agli abitanti della frazione di Schito; quelli prospicienti alla marina mirano a consentire il “bordeggio” del mare, il tiro delle reti da parte dei pescatori e il rimorchio delle barche da pesca; quelli lungo il molo e innanzi al forte sono destinati alla costruzione di qualche chiesa. Il contenuto costituisce il nerbo della memoria scritta, il 24 agosto 1845, dal sindaco Antonio Vitelli per il controllore distrettuale delle contribuzioni Carlo Gargiulo.