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Capri nel vortice del domicilio coatto
Di Admin (del 19/07/2011 @ 20:21:54, in articoli, linkato 2761 volte)
Fin dalla prima parte dell’Ottocento Capri viene inserita, al pari delle isole di Ischia, Ponza, Ventotene, Tremiti, Favignana ed altre tra le sedi deputate a fungere da domicilio coatto per delinquenti di ogni ordine e grado in omaggio al principio secondo il quale la riabilitazione umana viene facilitata lontano dal luogo abituale in cui si vive. Non sempre l’auspicio, sotteso al provvedimento legislativo, si realizza, stando alle risultanze generali del casellario giudiziario relativo a quanti ne subiscono l’esperienza concreta sulla propria pelle, screziata, per lo più, da successive prove carcerarie più dure e più sofferte. Non a caso la relegazione caprese, pur essendo soggetta ad una vigilanza assidua, non presenta alcunché di vessatorio, anzi obbedisce ad una serie di norme di rieducazione personale con l’aggiunta del sussidio di un carlino quotidiano pro capite ad ogni ospite della colonia, erogato anche dopo l’unità d’Italia. Ne vive in pieno le due stagioni politiche il Delegato della Pubblica Sicurezza, addetto alla direzione dei condannati al domicilio coatto, Augusto Cucchini, originario di Udine. Infatti, egli, proposto nel 1859 in questo ruolo, si vede prorogato nella carica dalle autorità del successivo regime e ne espleta gli oneri senza alcuna insolita preoccupazione. Eppure scoppia, nel bel mezzo di questa tranquilla tranche de vie, allietata dallo spettacolo paradisiaco dell’isola, un articolo velenoso, intitolato “Carica alla bajonetta” e pubblicato sul giornale “L’Arca di Noé”, n. 300, il 4 novembre 1864, a firma del direttore – proprietario P. Alessandroni. Il tono, altamente censorio, si risolve in un duro attacco alla onestà del Delegato, accusato di estorcere, anche con il ricorso alla violenza, ad ogni detenuto una parte del sussidio, come si evince dalla riproposizione dell’intero testo: “Esco in un momentino da Napoli e vado ad appollaiarmi su quell’omiopatico pezzo di terra circondato dalle acque salate, descritto da Cornelio Tacito, abitato da Tiberio, turlipinato (?) da Alessandro Dumas ed adibito dalla Legge Pica e da Ferdinando Bomba, come luogo di pena , parlo dell’isola di Capri. Da una delle più distinte e brave persone, che mi onora della sua amicizia, mi è stata regalata la presente descrizione fotografica dell’isola di Capri. Sappiate che questa descrizione è palpitantissima di attualità. Nell’isola attualmente vivono sotto il beneficio influsso del domicilio coatto una cinquantina di Siciliani ed una decina di Abruzzesi. Nel tempo della dominazione romana Capri era abitata da Sejano; oggi, invece di Sejano, Capri ha il piacere di chiudere nel suo ambito il Sig. Augusto Cocchini, Delegato di Pubblica Sicurezza; e vi so dire che il Sejano moderno non fa torto al Sejano antico. I Relegati, ossia coatti, percepiscono un carlino (pari a centesimi 42) al giorno. Il Signor Cocchini, speculando sulla sventura, ha trovato un modo facile e legale di diminuire di tre grana (pari a tredici centesimi) questo povero carlino. Se il coatto non si rassegna a questa camorra, il Signor Delegato Cocchino disfrena i dardi della sua amministrazione e povero chi ci capita. Oltre alla camorra, or ora divisata, sull’isola di Capri si ha il vezzo anche di bastonare; in effetti, nel giorno 25 ottobre 1864, le Guardie di Pubblica Sicurezza, dipendenti del Signor Cocchino suddetto, non saprei dirvi per quale pretesto, diedero le legnate (dico legnate) ad un certo Mazzola, Guardia Doganale”. L’interessato, ritenendosi offeso nella sua dignità di uomo, risponde immediatamente, il 10 novembre 1864, allorché viene a conoscenza dell’affronto, con un suo scritto, dal titolo “L’impostura e la bugia hanno le gambe lunghe” e dal sottotitolo “Risposta all’articolo Carica alla bajonetta dell’Arca di Noè n. 300”, nel quale bolla l’avversario “vile calunniatore” e l’articolo “infame a carico di galantuomini ”. Nello stesso tempo vi acclude a sua discolpa le testimonianze di tutti gli ottanta detenuti e di quanti prestano servizio al suo fianco. La sua segreta speranza di una netta rettifica o di una secca smentita dell’accusa con la rivelazione della fonte anonima si vanifica dopo tre giorni, allorché per l’isola si aggirano alcune persone ignote, intente ad interrogare i detenuti se davvero hanno percepito quanto dovuto. A questo punto la questione viene affidata alla magistratura e Capri entra, suo malgrado, nella cronaca per colpe non sue.