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LE CONDIZIONI ANNONARIE DI NAPOLI ALLA FINE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE.
Onorevoli colleghi! Sono costretto a intrattenere brevemente la Camera sulle condizioni annonarie della mia città nativa, condizioni che si sono aggravate molto dopo la fine della guerra.
Per quattro anni di guerra la nostra Napoli ha sofferto pazientemente. Purtroppo il sevizio di approvvigionamento è stato abbastanza trascurato, ma ora in questi ultimi tempi le cose si sono aggravate a tal punto da rendere quasi impossibile la vita. La sommossa popolare che si è potuto credere che nella nostra Napoli sia stata frutto della teppa, è stata ben altro, è stata la esplosione della compressa pazienza del popolo napoletano che per quattro lunghi anni ha sopportato addirittura la fame.
Comprendo che parlare in genere di approvvigionamenti è una questione molto grave, perché gli approvvigionamenti mettono capo ad altri gravi problemi quali sono la produzione, l’esportazione, il trasporto, il prezzo e via dicendo.
Il Governo provvede tutte le città ed in genere tutti i comuni e quindi anche Napoli, mediante l’Ente autonomo dei consumi e mediante i consorzi provinciali.
L’Ente autonomo non è che l’alter ego del consorzio, ma entrambi stanno alla diretta dipendenza del Ministero e dei prefetti.
Ora, come ho detto, le condizioni di Napoli durante la guerra sono andate sempre più peggiorando, tanto che il servizio annonario faceva acqua da tutte le parti. Finita la guerra, Napoli credeva di avere un certo sollievo; invece le sue condizioni sono peggiorate ancora di più.
L’Ente autonomo dei consumi riceve gli approvvigionamenti direttamente dal Ministero e passa tutto quello che crede all’Annona, gravandolo di un sovrapprezzo, come già lo ha gravato il Ministero. Alla sua volta l’Annona passa i generi ai grossisti e questi li passano ai dettaglianti, di modo che un genere che costa 10, dopo un lungo giro, finisce per costare tre o quattro volte tanto e quindi il consumatore viene a pagare la merce molto di più di quello che realmente costa.
L’Ente autonomo, che ha funzionato abbastanza male ai tempi del Matarazzo, ora funziona peggio con la connivenza del prefetto. Ed in realtà posso dimostrare che alcune Opere pie, appoggiate dal prefetto e dall’Ente autonomo, vendono i buoni loro assegnati con un guadagno di tre o quattro volte tanto.
Posso depositare al banco del Governo una nota dell’Albergo dei poveri che ha ottenuto diverse casse di olio che a sua volta ha rivenduto a caro prezzo. E non solo, ma posso anche presentare una bolletta dell’ufficio doganale o meglio della Cooperativa dei doganieri che ha ricevuto buoni dall’Ente autonomo e che poi ha rivenduto le merci a caro prezzo.
Come si vede, tutto questo costituisce una truffa e una sottrazione che si commettono a danno del consumatore. Le condizioni della città di Napoli sono ridotte a tal punto che i generi mancano addirittura. Prima, in certo modo, si avevano pagando, ora, anche pagando, non si può avere nulla: prima la piazza era provvista, ora è completamente sguarnita.
E, d’altra parte, posso dire che, mentre l’Ente autonomo, come una lustra, ha aperto addirittura delle botteghe ambulanti sulle piazze, cosa che certo può conoscere l’onorevole sottosegretario di Stato per l’interno, napoletano come me, in alcune piazze senza riguardo alcuno per l’igiene si vendono burro, strutto ed altri generi su tavole fetide: tutto ciò per fare concorrenza ai dettaglianti.
Io non difendo i dettaglianti, ma, una volta che si fa questo sperpero dalla Prefettura e dall’Ente autonomo, sarebbe meglio che il Ministero venisse addirittura a contatto con i dettaglianti.
Potrei anche dire che di molti generi, come ad esempio il salmone e il pesce salato, che si sa in che modo sono desiderati dalle classi povere e dagli operai, la Prefettura e l’Ente autonomo hanno fatto il bel gesto di darne diverse casse a semplici privati, che le hanno poi rivendute a carissimo prezzo.
Tutto questo, signori del Governo, è una speculazione bella e buona. Potrei presentare altre note di diversi così detti Istituti di beneficenza, che ricevono dalla Prefettura e dall’Ente autonomo buoni, che rivendono poi in piazza.
Tutto questo, onorevoli signori del Governo, voi potete impedire in modo molto semplice, attuando quello che il collega Murialdi ha proposto fin dalla prima tornata, cioè di venire a contatto direttamente con il consumatore.
Ma, poiché diversi giorni sono passati e a Napoli non si è fatto nulla, è giusto che la voce di un deputato napoletano si levi per protestare altamente.
Giacché ho la facoltà di parlare, mi permetto di pregare il ministro dell’interno, tanto bene rappresentato dall’onorevole sottosegretario di Stato, a volere in certo modo tenere fede a Napoli circa i lavori da concedersi.
Nella nostra città specialmente l’operaio versa in condizioni disagiate, perché molti stabilimenti sono stati costretti a rinunziare all’opera volenterosa degli operai napoletani. Occorre che, indipendentemente dal servizio di approvvigionamento, il Ministero dia lavoro a quelle officine, che hanno lavorato durante la guerra. E’ opera patriottica di fronte ad una città e ad una provincia, che non sono state seconde a nessuno per patriottismo e per fede.
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