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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 07/05/2011
Negli ultimi tempi i nobili hanno accentuato il loro potere a detrimento della cittadinanza. L’eco si legge a chiare lettere in un ampio memoriale accusatorio, composto da trentuno punti e inviato al presidente della Regia Camera, Bartolomeo de Sierra Ossorio, il quale, in seguito a dispaccio datato 26 giugno 1704, ne attiva la relativa indagine.
Le accuse investono l’intera attività amministrativa, sempre più accentrata nelle mani nobiliari. Infatti, la recente apertura della taverna da parte di Luise de Palma si affianca alle due più antiche di Michele Cesarini e di Mario Mastrillo, ubicate, rispettivamente, al Carmine, alla dogana e nei pressi del mercato: tutte e tre godono del disgravio fiscale da trenta a quindici ducati per ogni botte di vino venduta nelle taverne e nei quindici fondaci locali, mentre gli ecclesiastici continuano a pagare sette carlini e mezzo per la stessa merce all’affittatore pro tempore.
Dei suddetti personaggi il primo sovrasta di gran lunga sugli altri, tanto che ha avuto l’ardire di spostare la fiera di San Paolino dall’antica sede, larga e spaziosa, situata alla Porta di Gesù o Porta della Regina, alla nuova del Carmine, angusta e disagevole, ove egli ha costruito un insieme di locali, impiantandovi la “chianca”, la bottega e la taverna, appoggiandole, addirittura, alle mura della città e circondandole con una siepe.
Nella elezione dei quattro Eletti i nobili mirano ad avere come colleghi o i renitenti o gli assenti o gli occupati, nominati a loro arbitrio ed in sedute insolite, per non esporre a controllo le numerose prepotenze di casta, esperite a danno della controparte.
Nelle loro mani si concentrano la usurpazione di centinaia di moggia del bosco demaniale, situate nella località denominata ai Punti di Nola, i crediti fiscalari e strumentari, la esazione delle gabelle, l’esercizio monocratico delle cariche di baglivo, cancelliere e razionale del Monte di San Felice, cariche che, sulla carta, dovrebbero essere ricoperte da tre persone.
Vi si avverte il segno negativo dell’avvocato Giulio di Palma, le cui sedicenti mansioni collettive, pagate dalle casse pubbliche, conoscono solo gli interessi privati
Il governo militare alleato, sub regione di Resina, il 9 ottobre 1943, nomina come commissario prefettizio di San Giorgio a Cremano l’avvocato Eugenio Amendola, il quale, iscritto al partito socialista fin dal 1898, paga il suo tributo ideologico con la persecuzione e la persecuzione durante il ventennio fascismo. Egli dovrebbe sostituire gli avvocati fascisti Francesco Sparano e Giuseppe Cardini, rispettivamente, commissario e vice commissario prefettizi.
A fronte dell’atteggiamento dilatorio della prefettura, l’avvocato Eugenio Amendola, il 4 novembre successivo, presenta le dimissioni al governo militare subregionale, il quale le respinge.
A sorpresa la prefettura, il 22 dicembre 1943, nomina come commissario il ragioniere Salvatore Ambrosio, iscritto al partito fascista fino al suo scioglimento e impiegato al consiglio provinciale delle corporazioni alle dipendenze del gerarca Tecchio.
Venuto a conoscenza di ciò, il governo militare invita l’Amendola a rimanere in carica, mentre la prefettura gli chiede, l’8 febbraio 1944, di dare attuazione all’insediamento di Ambrosio nella carica di commissario. L’interessato ottempera all’ordine prefettizio.
Puntualmente giunge la netta e intransigente interdizione da parte del comitato di liberazione che, messo alle strette dall’ulteriore diniego di Amendola, nomina, il 13 aprile 1944, il dottor Salvatore La Campa sindaco di San Giorgio a Cremano.
L’iter riserva ancora la sorpresa finale: nel momento in cui ulteriori indagini portano a galla di quest’ultimo l’appartenenza al partito fascista fino al suo scioglimento, il comitato ritorna sui suoi passi, fa le dovute pressioni su Amendola e lo induce ad accettare la nomina di sindaco.
Fotografie del 07/05/2011
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