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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Subirò per questo articolo un altro giudizio forse – non monta. Lo dissi una volta e oggi lo ripeto. Quando pure mi pesasse sul collo la mano del boia, basta che non la stringa tanto da togliermi la voce, io direi quello che a me parrebbe di dover dire. Coi processi non fate niente, o signori del governo; - perché io taccia bisogna che voi facciate la giustizia e bisogna che non attentiate alla libertà della patria e bisogna che facciate il suo bene e che al servilismo che usate coi potenti e alla ferocia che mostrate coi deboli sostituiate per tutti la bontà; e bisogna che all’interesse che avete di conservarvi i posti, sostituiate l’amore pel paese, al governo del quale, per disgrazia nostra siete oggi preposti. E basti il preambolo Due soli individui io conosco che per avventura meritino di essere imbeccati prima del Cardinale Riario Sforza, Arcivescovo di Napoli. Essi sono il primo colui che ebbe il codardo pensiero di richiamarlo nella sua diocesi, l’altro quei che potendolo allontanare ha la codarda tolleranza di mantenervelo …….. Ma che razza di Governo è dunque il vostro? Si direbbe che scopo della esistenza sia il mangiarvi i soldi e mezzo per coonestarlo l’inferocire contro la Pietra Infernale. Ma, santo Dio. Uomini del Governo, se amate tanto la moderazione, come farete se un giorno questo popolo che pure nasce da quello di Masaniello e che finora non so per farvi piacere o per insegnarvi in qual modo s’ha da amare la patria, ha spinto la moderazione fino alla pecoraggine, come farete, dico, se questo popolo getta lungi da sé il mantello della pazienza e irrompe fino nel covo dove si nasconde la serpe che voi volete nutrire del suo sangue e la getti a capo giù dalla finestra? …….. Giuseppe Gervasi.
La fondazione della Casa Santa dell'Annunziata si deve all'opera di due fratelli Scondito i quali, per concretizzare il voto fatto nelle prigioni della Toscana, istituirono a Napoli, intorno al 1304, un ospedale per i poveri, una chiesa ed una congrega che l'amministrasse, in un luogo chiamato "mal passo". Alcuni anni dopo la regina Sancia, moglie del re Roberto, comprò tutta la suddetta struttura e la dedicò alla Maddalena. Quindi vi trasferì un asilo per "le donne di mala vita". Inoltre in un luogo vicino più spazioso edificò una chiesa e un ospedale nuovi, ove ora si trovano l'ospedale e la chiesa dell'Annunziata. Ampliato l'edificio dalla regina Giovanna nel 1433, fu dotato di molti beni da Margherita di Durazzo, madre del re Ladisao, e da alcune famiglie nobili di piazza Capuana. Si aggiunsero doni e legati, elargiti da cittadini e stranieri, nonché immunità ed indulgenze concesse dai pontefici. Così l'istituto fu in grado di ampliare le sue opere di beneficenza a favore della collettività, tanto da diventare la più bella testimonianza della carità napoletana di quel tempo.
Quale è stata la causa di queste sommosse? Fu sparso sangue , si violarono diritti, fu leso lo Statuto, e quest'anarchia dura, non è finita; quale ne è la ragione prima? Nel domandarvela non faccio che ripetere la voce della vostra stessa coscienza. Quale è la causa di tale disastro? La causa è una sola: la legge del macinato che avete pubblicato. Intendetemi, io qui sono in un'aula legislativa coi diritti del deputato e del deputato politico. Se, dopo aver parlato contro una legge, vedendone i mali effetti, dovessi lodarla ed ossequiarla, io negherei me stesso, e perderei l'inviolato diritto che rimane a tutte le minoranze che le riscatta nell'interesse generale delle loro momentanee sconfitte. Perciò in questa aula dove non sono né giudice né soldato né magistrato, io accuso la vostra legge. Che fate voi, ogniqualvolta prendete una responsabilità e vi credete felici sulla via da voi scelta? Voi ve ne vantate e citate, per esempio, il rialzo della rendita, o l'esito felice di certe vostre trattative per mostrare che la vostra politica trionfa. Quando non riuscite, permettetemi di dirvi che voi cadete, che voi compromettete lo Stato, che voi manomettete la sicurezza pubblica.
Noi abbiamo parlato di continuo contro la legge del macinato cui ricorrevano gli onorevoli miei colleghi della destra, ai quali dirigo più specialmente il mio discorso. Voi non eravate lieti di vedervi addotti al duro passo di votare questa tassa e vi dicevamo allora: non votatela, scegliete qualsiasi altro mezzo, questa vi dicevamo tutti, è una legge di disperazione. Or bene, ecco la disperazione.
La terra di Civitanova, sita nella provincia del contado di Molise, sottopone all'attenzione del Sacro Consiglio il grave compito di sciogliere la questione circa la vera natura della Montagna, se fosse feudale o demaniale. Naturalmente i cittadini propendono per la seconda ipotesi, mentre Aurelia d'Eboli, padrona della terra per eredità del suo avo, Giovanni Vincenzo d'Eboli, sostiene la prima tesi. Poiché il diverbio va per le lunghe, nel 1569 prende piede il tentativo di una conciliazione tra le parti attraverso la sottoscrizione di una "capitolazione" caldeggiata dallo stesso vescovo di Trivento. In base a questo accordo la feudataria riceve dalla cittadinanza ogni anno cento tomoli di grano per compensare i "terraggi montani" a lei dovuti; dieci ducati per il fitto dell'erba; quindici canne di legna e trenta "tragliate" di paglia o in cambio venti ducati da consegnare alla corte baronale. In cambio di questi versamenti annuali la cittadinanza partecipa alla gestione comune non solo della Montagna, ma anche del luogo di Santo Stefano con il Monte della Russa e delle Macchie: queste ultime, addirittura, vengono trasformate in "Difese". Negli anni successivi entrambe le parti rispettano in pieno le regole. Così nel 1602, in occasione della morte di Aurelia d'Eboli, viene presentato il relevio (tassa di successione) , nel quale rientrano anche le quote annuali versate dalla cittadinanza. Ma la suddetta questione si riapre con Giovanni d'Alessandro che compra il suddetto feudo nel 1646.
Nel 1796 il sindaco di Afragola è Pasquale Adamo, gli Eletti (corrispondenti agli attuali assessori) sono Vincenzo Castaldo, Luigi Castaldo e Pietro Cerbone, i deputati (corrispondenti agli attuali consiglieri comunali) sono Antonio Corcione, Vincenzo Amato, Gioacchino Giglio, Marco Castaldo alias Peloja, Pasquale Gargiulo, Giuseppe Puzio, Vincenzo Bianco, Domizio Castaldo, Romualdo Laezza, Domenico Castaldo Tuccillo, Vincenzo Iazzetta, Mattia Cerbone, Nicola Casillo e Lorenzo Salzano. Nel 1797 il sindaco è Domenico Guerra, gli Eletti sono Filippo Pelella e Antonio Iazzetta, i deputati sono Giuseppe Castaldo, Domenico Castaldo, Vincenzo Amato, Giuseppe Pupio, Marco Castaldo, Antonio Corcione, Gioacchino Giglio, Nicola Casillo, Mattia Cerbone, Lorenzo Salzano, Michele Errichiello, Romualdo Laezza e Vincenzo Iazzetta.
Michele Morgigni nacque a Gravina in aprile 1783 dall'avvocato Vincenzo e da Rachele Roselli. Fu educato nel seminario locale sotto la direzione dell'arciprete Giuseppe Maria Giovane. Di qui si spostò a Napoli, ove attese con dedizione agli studi universitari di diritto, al termine dei quali nelle vesti di avvocato civile e criminale acquistò in breve tempo una notevole fama nel foro partenopeo. La contemporanea specializzazione nelle scienze amministrative gli consentì di esercitare provvisoriamente le funzioni di amministratore dei reali siti di Persano, ove diede prove mirabili di ingegno e di probità. Per questo motivo gli si spalancarono, in giovanissima età, nel 1808, le porte della magistratura e ricoprì la carica di giudice del tribunale civile della provincia di Capitanata. .
Nuie Pulicinella Cetrulo, rappresentante de lo popolo vascio napoletano, facimmo acconoscere a lo Direttore de la Fraveca de li Tabbacche, ca li sicarre so arrevate a ll'urdemo stato de porcaria e non se ponno fumà cchiù, comme pure lo tabbacco che s'accatta no poverommo pe se fumà na pepparella è tutto chino se struppune e de fronne de scarola, cappucce e ttorze. E ccomme, s'ànno da sentere sempe le llagnanze de li poverielle, senza ca chille che stanno a lo commanno de n'Amministrazione pensassero a lo bene de lo simile lloro?! Pensate ca no rano che spenne nu poverommo nc'esce lo sango da dinto, pecché è frutto de la fatica de na jornata e quanno chisto vede che li denare li ghietta mmiezi a la via non po' certamente dicere bene de chille che stanno a lo comanno de n'amministrazione. Penzate che vuie site pavate da lo popolo, che li denare che ve pigliate ogne fine mese li spennere a ffeste, festine, tavolelle e carrozze, è denaro che esce da cuollo a lo popolo; e vvuje site li serviture suoje e comm'a ttale avite da fare l'interesse suoje, si no tanta chiacchiare ve decimmo e tanto ve ne cantammo, ca ve ne facimmo retirà co na vranca de mosche mmano e co na fanfarra de vernacchie e ssische. Onne, conchiudimmo; date subeto ll'ordene ca se facessero li sicarie comme s'ànno da fa, facite ca li mpiegate mmece de jre cammenanno e redenno pe la fraveca stessero attiente a lle femmene che ffaticano, pecché, ve lo tornanmmo a dicere, lo popolo napolitano non sta a lo stato de spennere li denare suoje e ghiettarle. Nce simmo ntise? Sperammo ca non nce facite torna n'autra vota a ccoppa, ca sarà peggio pe bbuje!!! PULICINELLA E LO DIAVOLO ZUOPPO, 29 LUGLIO 1861.
14 novembre 1860. La piccola cità de Mola di Gaeta (ll'antica Formia) bommardata 'anfì d'ajere da na squatra piemontese, co tutto era che senza difesa e che le mbonne avessero lassate sulamente li signe lloro dinto a li spitale e nfaccia a le proprietà private è stata abbannonata ogge da le Truppe Regie. A lu momento 'n che li napolitane se ritiravano 'n disordene a la parte de Gaeta, ll'armata sarda traseva a Mola pe la via de lu Garigliano.
Mme chiammo Franceschella Primmavera, / Lo spasso porto pe li nnammorate; / Sto panariello mio è na bannera, / Lo porto sotto e allucco pe le strate: / Nuce, nocelle, ammennole, / Lo spassa tiempo, ohje, né! / semmente fave, cicere; / Chi vo lo spassatié! / Ohje, ni, tu che me vuò? / Pignuole, gué, pignuò! / Lo spaso mio è rrobba sempe fresca; / Pe non sapé arrobbare, dò lo ghiusto: / E guarda, guà che tene ccà Francesca, / Viene, nennillo, ca nce truove gusto. / Nuce, nocelle, ammennole,/ Lo spassa tiempo, ohie, né! / Semmente, fave, cicere; / Chi vo lo spassatié! / Ohje, nì, tu che me vuò? / Pignuole, gué, pignuò! / Va chià; non affonnà troppo la mano; / Lassame sto panaro da dereto .... / Cchiù spasso vaje trovanno pe sto rano? / Va buono mo! nennì, statte cojeto! / Nuce, nocelle, ammennole, / Lo spassa tiempo ohje, né! / Semmente, fave, cicere; / Chi vo lo lo spassatiè! / Ohje, ni, ti che me vuò? / Pignuole, guè, pignuò! / E cionca ciò .... pecchè mme vuò fa male? / La può fernì! fatte no parmo arasso! / Ma pozzo fare, o no, lo speziale? / E bba, ca è stato troppo mo lo spasso! / Nuce, nocelle, amennole, / Lo spassa tiempo ohje, né! / Semmente, fave, cicere; / Chi vò lo spassatiè! / Ohje, ni, tu che me vuò? / Pignuole, guè, pignuò!.
- Lettore, soffri tu il prurito? - No. - Te felice! Ecco dinanzi a te una vittima, un martire di questo massimo tra i mali che affliggono l'umanità miseranda. - Che cos'è il prurito? La Crusca lo definisce mordicamente che si produce pel solletichio dei nervi della cute; i Romani lo chiamarono vellicatio; io lo chiamo il più infernale degli espedienti escogitato da Lucifero per guadagnare con poca fatica l'anima "d'uno spennato bipede mortal". Ovidio fece piangere colle sue elegie, Pellico colle Mie prigioni, ed io farei piangere con un volume intitolato il prurito: un pietoso volume in cui fossero menzionate tutte le sciagure che ha tirato sul mio campo la malaugurata affezione. Ma siccome non ho tempo di comporre il volume né i soldi per farlo stampare, così preferisco inviare alla Vongola un articolo, per mezzo di un suo redattore; un articolo in cui sono sommariamente indicate le principali dolorose note. Mi soffio il naso e incomincio.(La Vongola, giornale di Torre del Greco, 31 maggio 1896).