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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Admin (del 22/02/2020 @ 16:21:11, in articoli , linkato 300 volte)
Non è da buono né da onesto ministro tollerare contrabbandieri gli stessi gabellieri, amministrare la cosa pubblica colla misura delle proprie ambizioni e condurre lo stato (che pur metteva ad annua rendita 655 milioni) nella necessità di ricorrere ad un nuovo prestito di 425 milioni per allentare le strettezze che l'opprimevano, e di vendere, per far denari in ogni maniera, le strade ferrate, che erano capitali dello stato, al banchiere Rotschild, nominato non solo di ricchezza, ma di una certa abilità tutta propria a correre dove più sono scompigliate le finanze, urgenti i bisogni, perduto il credito. Con amministrazioni sì ladre e disordinate a ragione di giusta economia, coi mesi ed anni passati in dono ai contributori morosi al pagamento, colle tanto detestabili prodigabilità che abbiamo accennato, non faccia meraviglia che rinascesse tratto tratto la necessità di nuove prestanze, che il disavanzo crescesse, che la fortuna pubblica fosse incerta e l'esistenza stessa della nazione posta in forse, senza che mai si vedesse segno, donde fondamentalmente prevede il tempo, che al popolo sarebbe concesso di respirare.
 
Di Admin (del 22/02/2020 @ 16:50:21, in articoli , linkato 368 volte)
La nazione fu posta in mano di ciurmatori che, coprendosi delle ombre dell'amore patrio, baravano il popolo e cambiavano in tristi le sorti ….. E a prova basti rammentare che il Bastogi, quel medesimo che fu ministro, appaltava l'impresa delle strade calabro - sicule, ma lo stato gli assicurava il frutto del 34%; che egli comperava l'appalto a gran denari da parecchi deputati; e che dei venticinque membri componenti il Consiglio di Amministrazione di quella intrapresa, sei soli (dei quali cinque banchieri) erano cittadini privati, quattordici deputati e cinque pubblici ufficiali, anzi intimissimi dei ministri, come se fosse onesto consertare nella medesima persona gli interessi dei conceditori e dei concessionari.
 
Di Admin (del 20/04/2020 @ 09:08:21, in ARTICOLI , linkato 365 volte)
Strada Posilipo: Da Mergellina per la gola di Coroglio al trivio dei Bagnoli. Lunga metri 8497, larga 14 metri e 30 centimetri. Essa è sistemata ed inghiaiata, è data in appalto per il mantenimento. Occorrono dei lavori di perfezionamento. Recentemente si sono perfezionate anche la rampe del Coroglio. Strada della Polveriera: Dal largo Migaglia sulla strada di Posillipo alla banchina della del Capo. Lunga 918 metri, larga 6 metri e 98 centimetri. E’ sistemata, inghiaiata, è data in appalto di mantenimento. Strada di Marechiaro: Dal Ponte di Thalberg sulla strada di Posilipo al villaggio di Marechiaro. Lunga 910 metri, larga 2 metri e 44 centimetri. E’ un sentiero naturale per il quale hanno scolo le piovane. E transitabile solo ai pedoni. Strada del Fosso: Dal 2° Ponte del Demanio sulla strada di Posilipo al villaggio S. Strato. Lunga 384 metri, larga 3 metri e 68 centimetri. E costruita in terra. Vi esistevano due rampe con scalini, distrutte interamente dall’alluvione del 3 luglio 1868. Vi è un progetto approvato per la rettifica del primo tronco. Strada del Canalone: Dalla strada di Posilipo alla piazza San Paolo in Villanova. Lunga 516 metri e 25 centimetri; larga 2 metri e 25 centimetri. La prima porzione di questa strada di lunghezza 200 metri è a scalini, di basoli vesuviani, la seconda di lunghezza 116 metri è selciata, il rimanente in terra.
 
Di Admin (del 20/04/2020 @ 10:16:25, in Articoli , linkato 337 volte)
6 febbraio 1865. Signori Consiglieri, il franco linguaggio che io andrò a tenere in questa mia breve esposizione, se fosse stato tenuto prima che la Città nostra avesse dato tante splendide prove di abnegazione vero l’Italia, avrebbe forse potuto essere interpretato come dettato da spirito municipale; ma dopo il generoso contegno dell’intiera popolazione negli ultimi rincontri e le prove incontrastabili dei suoi sentimenti unitari e nazionali, i suoi rappresentanti senza tema di essere redarguiti di municipalismo hanno il diritto di alzare la voce per far sì che le venga impartita quella giustizia, che sinora io non so se per opera degli uomini o del fato non ha potuto ottenere. L’unificazione delle leggi finanziarie in Italia, prima che le condizioni economiche delle varie Province venissero uguagliate, produsse tale spostamento di interessi materiali nella più parte delle Province meridionali e particolarmente in Napoli, che il solo amore dell’unità nazionale ha potuto far tollerare. Una delle più grandi sventure di questa città è stato il completo isolamento nel quale finora si è cercata ridurla e tenerla. Una città di 500.000 abitanti, che era centro di movimento amministrativo ed economico di nove milioni di popolo; che sperava nel novello ordine di cose di vedersi largamente ricambiati quei vantaggi con comunicazioni ferroviarie col testo di Italia, con grandi stabilimenti meccanici, col porto e collo sviluppo delle industrie e del commercio, si vede per cinque anni trascurata nei suoi più vitali interesse economici.
 
Di Admin (del 13/05/2020 @ 11:43:58, in articoli , linkato 348 volte)
Il sottoscritto, incaricato della distruzione del brigantaggio, promette una mancia di franchi 100 per ogni brigante vivo o morto, che si presenterà. Tale mancia sarà pure data a quel brigante che ucciderà un compagno, oltre di avere salva la vita. Diffida che sarà immediatamente fucilato chi dia ricovero o mezzo qualunque di sussistenza o di difesa ai briganti e vedendoli o sapendone il luogo, dove si sono rifugiati, non ne dia avviso sollecito alla forza ed alle autorità civili e militari. Tutte le pagliaie debbono essere abbruciate;le torri e le case di campagna, che sono abitate e custodite da forza, debbono essere fra tre giorni scoperte e le aperture venire murate. Scaduto tale termine, saranno bruciate, come saranno uccisi gli animali senza la necessaria custodia di forza pubblica. Resta proibito portare pane e viveri di qualunque fuori l'abitato comune e sarà tenuto come complice dei briganti il contravventore. L'esercizio della caccia è proibito. La guardia nazionale è responsabile nel territorio del proprio comune. Il sottoscritto non intende vedere in questa circostanza che briganti e controbriganti. Perciò tra i primi terrà chi voglia restare indifferente e contro questi prenderà misure energiche. I soldati sbandati, che non si presenteranno tra quattro giorni saranno considerati briganti. Celico (Calabria) 1° marzo 1862.
 
Di Admin (del 23/06/2020 @ 20:08:34, in articoli, linkato 294 volte)
Gli studenti del R. Liceo Ginnasio "A. Diaz" hanno dato il 26 giugno uno spettacolo "Pro Patrioti". Ecco il resoconto inviatoci dal corrispondente locale: "Benché non molto brillante, questa commedia di Boccabella)è fuggita una ragazza) ha suscitato molto entusiasmo nei giovanissimi spettatori. Quanto alla recitazione, essa non poteva essere perfetta, data l'età degli attori (più che l'età la cattiva recitazione è dovuta alla mancanza di prove e di direzione: n. d. r.), tuttavia piace porre in rilievo la disinvoltura di Veneroso e qualche buono spunto di Ragosta e di Sara Alba. Negli altri solo buona volontà (era quella che doveva essere sfruttata: n. d. r.). Il varietà organizzato alla fine dello spettacolo è forse piaciuto di più. Si sono distinti specie il Marra, già cantante di Radio Napoli, il tenore Martini Alberto (Marcello Vece), giovane speranza del nostro teatro lirico e l'emozionatissima signorina Capasso. Anche qui è piaciuto il brillante Veneroso nelle vesti di comico. Non impeccabile la regia di Zotti (è venuto meno in pieno alle più elementari cognizioni di azione). Con ciò, però, non vogliamo menomare l'opera svolta dal collega Zotti, la buona intenzione fa sì che passiamo su tutto il resto: speriamo meglio al prossimo anno. Buona la presentazione del collega Pepe. Avviso al pubblico: un'altra volta non fiori ma …. opere di bene.
 
Di Admin (del 10/11/2020 @ 00:39:46, in ARTICOLI , linkato 271 volte)
In questi giorni si è fatto un gran parlare di Napoli, in modo da mettere in forse la buona fama di quella città bella ed illustre. Merita Napoli questo ultimo oltraggio? Di questo voglio parlare. Quando io a molti uomini egregi che vivono a Napoli domando: perché non vi occupate un poco della città? Rispondono: Ci sgomenta l’indifferenza pubblica. Non conoscono bene la città. Essa non ha la continuità dei montanari e dei pianigiani, ma la discontinuità dei vulcanici: ha, come il vulcano, un giorno d’impeti, di esplosioni terribili ed anni di riposo: abbandona il capo sulle lave raffreddate e si addormenta: ma quel giorno vale molti anni e sarebbe buon accorgimento di governo non farlo ripetere. Voi dovreste scongiurare il ritorno di uno di quei giorni, ricordando che una città la quale ha tanti perduto e tanto sacrificato all’unità nazionale, ad una cosa non si rassegnerà mai, a perdere il suo onore, per colpe non sue. Poi vivono due ordini di cittadini, l’uno separato dall’altro, come un secolo fa, quando i dotti volevano la repubblica alla francese e la plebe voleva il regno indipendente. Quei dotti discendono da Vico e costituiscono la storia; quella plebe discende da Masaniello e serba il costume. Non s’intendono tra loro. Ma una classe intermedia viene sorgendo, di onesti commercianti e industriali, che potrebbe essere come una intesa tra due estremi, consociandosi civilmente ad un fine di benessere comune e di equa convivenza. La plebe è buona, come la terra da cui nasce il cielo che la guarda operosa ed allegra nello squallore. Il ceto dottorale è ricco di cultura e sentimento. La classe intermedia non arriva a consociarli, lottando a difendere le sue iniziative contro la ferocia fiscale, mentre Napoli è rimasta quasi troncata fuori del commercio italiano. Che avviene allora? Alcuni che temono investire i loro piccoli capitali in imprese fruttifere, per campare la vita, li allogano in usura. E, per giustificarsi fanno un discorso strano: Non è usuraio il governo che piglia il cinquanta per cento? Dunque possiamo anche noi. E ne nasce l’homo hominis lupus. L’agente inesorabile da una parte, l’usuraio dall’altra, l’uno e l’altro onnipresenti. Sì, signori l’usura cresce dove i capitali non trovano altra forma di investimento e dove la tirannia fiscale sfrutta le iniziative. E lì voi trovate l’usuraio dietro tutte le forme di frode. Entrate nella bisca e sotto la posta ci trovate la cambiale; entrate nella bottega di lotto e accanto al vincitore trovate l’anticipatore usuriere, sin nell’alcova della Venere sbordellana a adultera. Questa forma di delinquenza penetra nel costume e si legalizza. Infatti per le pubbliche vie noi leggiamo tabelle sulle quali è scritto: Agenzia dei pegni! E’ una usura protetta dalle leggi. Se l’infelice debitore arriva col prezzo di restituzione una mezz’ora dopo, trova venduto – falsamente – il pegno, talvolta un anellino di oro, talvolta un orologio di argento, più spesso ahi! il materasso e la coperta! E scrissero che i tribunali e le are fecero pietose le umane belve! Che ci ho da vedere io? Dice l’onorevole Pelloux. Vi rappresenta lo Stato, e se lo Strato non è il protettore del diritto e della morale, è una bugia e allora l’anarchico trionfa di voi. Ed ecco dentro una città laboriosa e buona è nato questo manipolo di vampiri, sui quali – quasi coefficienti di governo – la legge dorme. A voi muovo queste domande: E’ lecita l’usura legalizzata, a cui l’istesso Banco pensò al tre e quattro per cento, perché i capitali sfruttassero al quaranta e al cinquanta per cento? E quando le frodi, dirette all’usura, da più anni si allargavano e irritavano i malaccorti e gli avidi, fece bene l’autorità locale a non sopprimere la brigata di malfattori? Le bische, le agenzie usuraie debbono esercire sotto l’occhio del potere di polizia e del potere giudiziario? E che vuol dire? Se si radunano dieci o venti giovani a commentare la massima Dio e il popolo o la dottrina del Capitale, sono tradotti in tribunale, e i biscazzieri, i falsari, gli usurai godono l’extraterritorialità degli ambasciatori! Mentre l’onorevole sottosegretario rumina la risposta, io dall’Assemblea nazionale voglio mandare un saluto alla vera Napoli, a quella che pensa e lavora, e che mentre per secoli è stata la capitale, non dirà mai di fronte a Roma, la capitale d’Italia voglio essere io! Giovanni Bovio
 
Di Admin (del 10/11/2020 @ 00:48:19, in ARTICOLI , linkato 286 volte)
L'onorevole Minghetti ama, vuole la libertà; l'onorevole Nicotera reclama per la libertà; l'onorevole Depretis spasima per la libertà, ed io in piazza Sciarra ho incontrato una donna ammanettata fra i carabinieri che mi diceva di essere la libertà. Onorevole Depretis, veda di concederle almeno la libertà provvisoria. Felice Cavallotti.
 
Di Admin (del 21/11/2020 @ 06:14:29, in ARTICOLI , linkato 246 volte)
Il discorso del deputato Francesco Crispi, pronunciato il 1875 nella seduta, vertente sullo schema di legge per provvedimenti di pubblica sicurezza, risulta interessante sotto molteplici aspetti. Innanzi tutto, fin dall’esordio, egli si distacca completamente dall’ottica analitica adottata dai colleghi che lo hanno preceduto: essi, pur essendo stati esortati dal presidente del consiglio ad affrontare il problema in ambito nazionale, lo hanno localizzato in ambito strettamente siciliano. Siffatta scelta, in cui si riflettono i segni palesi dell’aspra campagna contro la Sicilia e le province meridionali, scatenata l’anno scorso dai giornali di destra dopo le elezioni, comporta due gravi conseguenze, entrambe deprecabili, l’una morale, la seconda sociale. La prima conseguenza porta alla divisione dell’Italia su due fronti contrapposti, “da un lato gli eletti, dall’altro i reprobi”, sulla supposizione “che la moralità della popolazione del mezzogiorno sia inferiore alla moralità di quelle che sono al nord della penisola”. Nei fatti si tende a vanificare definitivamente gli sforzi sostenuti per raggiungere l’unità nazionale. Il danno sociale riveste analoga negatività: adottando una prospettiva sbagliata, si rischia di non riuscire a curare il male e, addirittura, di applicare rimedi che lo inaspriscono sempre più. Di qui deriva spontaneo il presente quesito: c’è davvero bisogno di una legge di pubblica sicurezza speciale? L’oratore risponde negativamente sulla scorta di prove, attinte da documenti pubblici, rappresentati dalle tre statistiche ufficiali del ministero della giustizia, redatte il 1863, il 1869 e il 1870, nonché dal testo “L’Italia economica”, in cui si leggono le statistiche penali del 1871 e del 1872. Tutte queste hanno un comune dato di fondo incontrovertibile: “la criminalità in tutto il regno è eccessivamente aumentata”. Completa il reparto documentario il testo di Curcio, stampato per volere del ministero di grazia e giustizia. In esso l’autore divide l’Italia in quattro regioni: l’Italia settentrionale che comprende il Piemonte la Lombardia e la Venezia; l’Italia media che include la Liguria, la Toscana, l’Emilia, le Marche e l’Umbria; l’Italia meridionale corrispondente alle antiche province del regno di Napoli con l’aggiunta della provincia romana; l’Italia estrema ed insulare, in cui rientrano la Calabria, la Sicilia e la Sardegna. La lettura critica dei dati, esaminati alla luce della proporzione degli abitanti con i reati commessi annualmente, avalla che la parte estrema dell’Italia “dà un maggiore contingente alla giustizia criminale, il che, a giudizio di Crispi, “è uno stato normale”. Non rimane altro che scoprire le cause dell’eccessivo aumento dei reati. Lo sguardo va proiettato sulla realtà storica del tempo: essa suggerisce la seguente verità: “dopo il 1869 le condizioni economiche del paese non si sono migliorate”. In tale periodo vi è stata la “terribile imposta sulla macerazione”, conosciuta da tutti come l’imposta della fame, nonché l’aumento continuo di tutte le altre imposte, che hanno fatto sentire gli effetti più deleteri sulle spalle delle classi inferiori. Nel contempo la diminuzione dei prodotti naturali in rapporto al fabbisogno della popolazione aumentata, la minore produzione industriale, il rincaro dei viveri, la nascita di bisogni fittizi, “l’intemperanza fisica e morale” da parte di chi non capisce cosa sia la vera libertà o ne abusa e l’impunità dei reati, il rallentamento dei vincoli familiari, di “quei principi e quelle norme tanto necessarie all’uomo per condursi onestamente”. Alla frenetica attività di quanti frequentano le borse, le banche o le industrie, foriere di improvvise fortune, fanno da contrappeso l’operaio e il contadino che, oppressi dalla mancanza di lavoro o dalla cattiva remunerazione della loro opera, si riverso nelle strade, spogliano le case e chiedono con il coltello ciò che non riescono a guadagnare “per imprevidenza del governo”. Questo è il motivo per cui sono aumentati i reati contro la proprietà e la persona. Di fronte ad uno spaccato sociale così desolante il rimedio deve essere generale e riguardare la buona legislazione, nonché un sistema tributario “più equo, meno vessatorio, meno fiscale, tale da non mettere la disperazione nelle popolazioni”. A questo punto Crispi, indotto anche dalla passione per la sua terra, rivolge l’attenzione a dimostrare che i reati sono aumentati in Sicilia non per cause particolari legate all’indole, alle abitudini e alla terra degli abitanti. Di qui la conclusione con lo sguardo rivolto verso quelli che hanno governato per quindici anni: “La causa, o signori, è nelle vostre leggi e nel vostro governo”.
 
Di Admin (del 09/02/2021 @ 01:24:14, in ARTICOLI , linkato 228 volte)
Poiché, signori, questo bilancio ha la virtù di rompere i silenzi parlamentari, mi sia concesso rivolgere una preghiera all’onorevole ministro della pubblica istruzione. Egli può essere lieto della legge del 19 luglio 1877 sull’istruzione obbligatoria. Quella legge, per la savia e prudenza temperanza che l’informa, meritava il suffragio che ha avuto con cui fu accolta dai due rami del parlamento. Pure è mestieri non dissimularsi che, nella sua applicazione, essa va incontro a molteplici scogli e che, perdendoli d’occhio, si correrebbe molto facilmente il pericolo di dare nelle secche …………… Non accennerò alle questioni relative ai nuovi maestri; alle scuole serali e festive; alle librerie circolanti; anzi mi è grato dichiarare che per questo riguardo ho fiducia nell’uomo sapiente che regge il ministero della pubblica istruzione ed ho anche speranza che non sarà per mancargli l’aiuto gagliardo della privata iniziativa. Ciò che più deve preoccuparci si è la questione ardua e difficile dei locali scolastici. Apparisce dalla relazione che sono già 6740 i comuni pronti ad attuare la nuova legge. A prima vista codesta è una cifra assai consolante. Molti di quelli che facilmente sono paghi delle superficiali apparenze saranno disposti, udendo questa cifra rimbombante, a gridare vittoria. Ma vuole prudenza che si riservino a migliore tempo i nostri entusiasmi; vuole prudenza che prima si cerchi vederci un po’ più chiaro in quella cifra. Lasciando stare le condizioni didattiche e morali, delle quali ho dichiarato che in questa circostanza tacerei, chi di voi non pensa che prima di battere le mani a noi stessi per il risultato finora ottenuto, debbasi sapere almeno che cosa siano queste quattro mura entro le quali noi rinchiudiamo per parecchie ore del giorno i nostri figli? ……………… Non giova nasconderlo, signori, moltissime delle nostre scuole (e badate che io appartengo a province che anche sotto questo rapporto non sono certo le ultime), moltissime delle nostre scuole primarie sono rifugiate in miseri stambugi senz’aria, senza luce, senza spazio, mefitici, immondi. Vi si somministra una porzione più o meno lauta di abbaco e di abbici, ma vi si sottrae troppo spesso una porzione più grande di ossigeno. Io rivolgo un appello a quanti di voi qui sono uomini pratici. Non vi è mai avvenuto di uscire contristati dalle nostre scuole, specialmente rurali? Non vi è mai avvenuto di aver veduto in principio dell’anno entrarvi uno sciame vispo e giocondo di rosei fanciulli, trasformati poi dopo alcuni mesi in una turba pallida e gracile? Chi di voi non ha veduto sostituirsi alla sana respirazione dei petti gagliardi l’acre tossicolio misto al rauco compitare delle sillabe? ……. O signori quella pietà che alcuni sentono vivissima per la rappresentanza della colpa che sta nelle carceri, abbiamola tutti per la rappresentanza dell’innocenza che sta nelle scuole. Noi abbiamo l’obbligo dell’istruzione, sta bene; ma quel giorno abbiamo un altro obbligo solenne a noi stessi, l’obbligo di non seppellire nell’atrofia fisica l’energia della vita e dell’intelligenza, l’obbligo di impedire che diminuendosi le file dei coscritti analfabeti si accrescano quelle dei coscritti tisici e dei rachitici. E’ l’aria, la luce, lo spazio, la giocondità che noi ci siamo obbligati di assicurare ai nostri bambini insieme al pane dell’istruzione; è quell’ambiente sano, decoroso, ridente che ingentilisce gli animi e li educa! Lioy Paolo, 1877.
 
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