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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 22/11/2008
Marcantonio Caracciolo, marchese di San Sebastiano, raccoglie il prezioso frutto del suo servizio nel momento in cui il re Filippo IV gli regala la terra di San Giorgio a compenso dei suoi meriti, come attesta la scrittura di Stefano del Giorno che ne conserva la traccia memoriale. Il beneficiario entra nel possesso del bene il 13 febbraio 1646, allorché firma il relativo rogito nello studio del notaio napoletano Giovanni Battista Brancale. L'opposizione decisa degli abitanti, mirata a invalidarne la donazione in tutti i modi, trova un alleato fedele nel viceré, ma ben presto è destinata a cadere di fronte alla voce autorevole del giudice del Collaterale, il cui presidente Marcuzio, richiesto del suo parere dagli omologhi della Sommaria, ritiene legittima a tutti gli effetti la suddetta concessione. Le due parti in causa, onde evitare qualsiasi litigio in materia, giungono ad una bonaria transazione in virtù della quale il marchese si mostra concorde a privarsi di alcune prerogative feudali, quali le angarie e le parangarie: le singole voci dell'accordo entrano nel nuovo rogito del 4 febbraio 1647, stilato da Giovanni Battista Brancale. Successivamente, in seguito alle benemerenze mostrate da Giovanni d'Austria verso San Giorgio, il marchese sottoscrive con la controparte un ulteriore accordo, basato sul totale riconoscimento della fine della feudalità e, quindi, l'incorpamento del territorio sangiorgese nel demanio napoletano, previo il pagamento di cinquemila ducati.
Mentre ferve il rodaggio della macchina amministrativa sangennarese, tutta protesa a rispondere con funzionalità ed efficienza alle diverse aspettative della cittadinanza, qualche palmese continua a tramare in silenzio contro la nuova realtà civica. Ci riferiamo al consigliere distrettuale Antonio Pecoraro. Costui consegna al Sottintendente di Nola, il 2 aprile 1852, una sedicente richiesta di riunificazione di San Gennaro a Palma, sottoscritta da tre soli sangennaresi, Angelo Pesce, Giuseppe Iovino e Ferdinando Cozzolino i quali, per bassi interessi di bottega, si prestano al gioco degli avversari. Il piano della congiura antisangennarese, ordito da un altro palmese, Pietro Felice Cassese, varca le soglie del consiglio distrettuale e si traduce, nel 1854, in una delibera provinciale, trasmessa alle autorità centrali. Mai lentezza burocratica fu più accettata di quella mostrata dal Ministro dell'Interno, allorché egli, scrivendo all'Intendente, il 19 maggio 1855, frena la delibera provinciale chiedendone il corso regolare. Sul fronte opposto, non desta meraviglia se, addirittura, una intera seduta del decurionato palmese è dedicata alla discussione del suddetto argomento. Corre il 16 giugno 1855 ed il consiglio palmese, presieduto dal sindaco Giacomo de Vivis, con malcelata soddisfazione, delibera di essere disponibile ad accettare la nuova istanza di riunificazione inoltrata da San Gennaro. Si vanifica ogni sforzo sangennarese, proteso a far capire alle autorità superiori la insignificanza del documento in circolazione e la conseguente insussistenza di qualsiasi volontà di ritornare allo statu quo ante. A questo punto, rotto ogni indugio, il 9 dicembre 1856, si riunisce tutto il decurionato sangennarese, composto dal sindaco Tommaso Parisi e dai decurioni Giovanni Bosone, Antonio Nunziata, Gennaro Nunziata, Antonio Sangiovanni, Ferdinando Nunziata, Bernardo Nunziata, Michele Auricchio, Felice Ammaturo e Gennaro Parisi. La delibera, stilata alla fine dei lavori, parla un linguaggio incontrovertibile: "questa popolazione non ha mai dimandato di aggregarsi al Comune di Palma, ma volontà palmese". Quindi essa smaschera la faziosità del presunto documento, attribuito, surrettiziamente, ai sangennaresi, imprimendovi il suggello della invalidità legale. Al riguardo molto più esplicita risulta la petizione sangennarese, stilata nei primi mesi del 1857 e inviata al Sottintendente dai sacerdoti don Michele Borrelli, don Aniello Fusco, don Agostino Nunziata, don Bernardo Nunziata, e dai laici Angelo Pesce, Tommaso Nappo, Giovanni Bosone e Filippo Muscia. Essa, ribadendo la consapevolezza dell'autonomia di San Gennaro da Palma, stigmatizza come "facinorosi" quanti attentano a tale bene prezioso e inalienabile.
Fotografie del 22/11/2008
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